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Avrai ancora una pensione?

Molti in Italia pensano che all’età pensionabile avranno garantita la pensione perché quando lavoravano hanno pagato i contributi all’INPS.
Purtroppo non è così!
Il sistema pensionistico italiano funziona diversamente. Il sistema è detto a ripartizione. Cosa vuol dire? Vuol dire semplicemente che i contributi che oggi i lavoratori girano nelle casse dell’INPS vengono ripartiti subito e servono per pagare le pensioni dei pensionati del momento.

Spesso si crede che l’INPS sia come una cassaforte: ogni mese metto da parte dei soldi (contributi) e quando andrò in pensione potrò ritirare quei soldi ogni mese, magari maggiorati e rivalutati.
No. L’INPS è come uno sportello bancario o bancomat. I lavoratori mensilmente versano al bancomat dei soldi e i pensionati li ritirano.
Come potete notare, è un sistema che sta in piedi se ci sono più lavoratori che pensionati.
Se un lavoratore versa 500 euro al mese in media di contributi INPS a questo ipotetico sportello bancomat, un pensionato INPS per ritirare 1000 euro al mese dallo stesso bancomat lo potrà fare solo se ci sono 2 lavoratori per ogni pensionato (per citare, mi ricorda un po’ la storia Madoff).

Avrete già intuito il grave problema che ormai inesorabilmente stiamo andando incontro e che molto probabilmente tutti noi a quel bancomat, al momento della nostra pensione, nella migliore delle ipotesi la troveremo di un valore molto molto basso rispetto al nostro ultimo stipendio.
Cosa succederà quando ci sarà la fila per prelevare e poche persone che versano? Forse avete capito che è il momento di pensare a delle soluzioni alternative per garantirsi quel benessere futuro che lo Stato non potrà garantirvi.

Dai dati ISTAT attualmente in Italia circa 1 persona su 5 ha più di 65 anni, nel 2060 avremo un ultra-sessantacinquenne su tre residenti.

Le tabelle INPS sottostanti ci dicono che oggi a fronte di 15.500.000 circa di pensionati con una media di 1500 euro di pensione lorda, abbiamo circa 25.000.000 di lavoratori contribuenti.
Il rapporto non è già più 2 lavoratori per 1 pensionato.
Oltre alla longevità un’altra dinamica che incide sulla sostenibilità del nostro sistema pensionistico è la natalità, ma anche qui sappiamo tutti che i dati sono negativi; ci sono statistiche che dicono che nel giro di vent’anni anni gli italiani saranno 5 milioni in meno.

Cosa Significa questo per le nostre pensioni? Significa che il 2030 è considerato l’anno zero delle pensioni, significa che fra 8 anni avremo più gente in pensione di quella che lavora.

Non solo ci sono meno nati e quindi ci saranno meno lavoratori in futuro (a meno che arrivino in Italia altri 5 10 milioni di stranieri per lavorare), ma i lavoratori ogni anno sulla fascia di anzianità sono sempre più in crescita.
Questo è dovuto anche all’idea che per mettere argine al blocco totale delle pensioni bisogna intervenire sull‘allungamento dell’età pensionabile. Cioè fare in modo che sempre più persone rimangano lavoratori contribuenti e passino all’incasso da pensionati il più tardi possibile.
In Giappone, poco più longevi di noi, stanno proponendo di allungare l’età pensionabile a 85 anni.

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XIX RAPPORTO ANNUALE INPS – 2020

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TAB. 2.1 XIX RELAZIONE ANNUALE INPS – 2020

Altro modo per mettere argine al rischio di non poter più pagare le pensioni future è fare in modo che queste pensioni siano più basse in termini economici di oggi.

Il modo è già stato trovato. Infatti già oggi il metodo retributivo non è più in uso e sostituito con il metodo contributivo. Il metodo retributivo prevedeva che la prestazione pensionistica fosse calcolata sul reddito percepito negli ultimi anni di lavoro, quindi era un sistema che non teneva conto dei reali contributi versati.

Quest’ultimo modo di calcolare la somma pensionistica è chiaramente meno vantaggioso per il futuro pensionato. Infatti in alcuni casi la sua pensione sarà anche pari al 60% – 70% del suo ultimo stipendio.

Facciamo due esempi:

  1. lavoratore dipendente privato nato nel 1970 con 25 anni di contributi e € 30.000 di reddito lordo, presupponendo un avanzamento di carriera del 2% annuo andrà in pensione a 66 anni. L’ultima retribuzione annua da lavorator sarà di € 37.000 lordi e la pensione invece di €23.000 con un tasso di sostituzione del 61%. In pratica percepirà una pensione del 40% in meno dell’ultimo stipendio. Quasi la metà! Se una persona viveva con 1600 euro al mese, in pensione dovrà abituarsi a farlo con poco meno di 1000 euro. Dopo una vita di lavoro.
  2. lavoratrice autonoma nata nel 1990 con 5 anni di contributi e € 40.000 di reddito lordo, presupponendo un avanzamento di carriera del 2% annuo andrà in pensione a 66 anni e 4 mese. L’ultima retribuzione sarà di € 72.000 lordi e la pensione di € 26.000 con un tasso di sostituzione del 36%. Proprio così! In questo caso la sua pensione sarà quasi il 70% in meno del suo ultimo stipendio. Se era abituata a vivere con 2000 euro al mese, in pensione dovrà farlo con circa 700 euro al mese.

    Sul sito del Sole 24 Ore puoi calcolare circa quanto sarà la tua pensione. Clicca qui

Come potete notare oggi è indispensabile a programmarsi un’ulteriore rendita futura da affiancare alla propria pensione (ammesso che ci sarà).

Come farlo? Intanto iniziando il prima possibile. Ogni mese perso è un danno economico futuro non indifferente.
Come si crea un reddito? Risparmiando ed investendo nel modo corretto.
Il trading può essere una forma di seconda entrata immediata da poter subito investire sul mercato con vari strumenti finanziari, anche con un Piano di Accumulo, e crearsi una forma integrativa alla pensione. Ti aspettiamo a discuterne insieme nella nostra community!

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